Ritrovate sull’Appennino le tracce fossili dei più antichi pesci abissali

Un tassello mancante dell’evoluzione è stato scoperto sull’Appennino con la collaborazione dei ricercatori DST

Rari fossili rivelano i primi pesci di mare profondo, anticipando di 80 milioni di anni l’inizio della colonizzazione della piana abissale. Questa rivoluzionaria conclusione è stata presentata in un nuovo studio condotto da un gruppo internazionale di scienziati guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon e a cui ha partecipato il Prof. Luca Pandolfi del DST. Lo studio è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences. (https://doi.org/10.1073/pnas.2306164120)

"Quando abbiamo trovato questi strani fossili, non potevamo credere ai nostri occhi". I fossili di pesce sono stati riconosciuti in tre siti paleontologici situati nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno. Il motivo dello stupore è l'età dei fossili, che precedono di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali. I fossili appena scoperti risalgono all'inizio del Cretaceo (130 milioni di anni fa). "I nuovi fossili mostrano l'attività di pesci su un fondale marino dell'era dei dinosauri che era profondo migliaia di metri".

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Una foto del sito di Quercianella con il bellissimo affioramento di Argille a Palombini studiato da Baucon e coautori

I fossili appena scoperti sono rari ed insoliti. Comprendono la traccia sinuosa lasciata dalla coda di un pesce che nuotava vicino al fondale, e le escavazioni prodotte da pesci in cerca di cibo. Queste tracce fossili non consistono di ossa, ma registrano il comportamento di pesci scomparsi da milioni di anni. Di conseguenza, i fossili appenninici segnano un punto critico nello spazio e nel tempo. È il punto in cui i pesci si sono allontanati dalla piattaforma continentale e hanno colonizzato un ambiente nuovo ed estremo, lontano dal loro habitat originario.
A migliaia di metri sotto la superficie della Tetide, i primi pesci di mare profondo affrontavano condizioni ambientali estreme. Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri dell'abisso. "Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo", afferma Luca Pandolfi. Tali condizioni estreme richiedevano adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di quelle che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell'aria (ad esempio, ali e zampe).

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Tracce fossili prodotte da pesci e ricostruzione del loro meccanismo di produzione. Foto di un campione reale e ricostruzione 3D a falsi colori di un altro campione. Negli sketch un tentativo di ricostruzione del meccanismo di produzione delle tracce fossili di alimentazione a scodella (fp), secondo il quale un pesce espone la sua preda al flusso dell'acqua e ricostruzione del meccanismo di produzione delle piste di movimento(st) e di nutrizione (ft).

I fossili appena scoperti rappresentano non solo i primi pesci di mare profondo, ma anche i primi vertebrati abissali. I vertebrati – gli animali con colonna vertebrale – si sono evoluti in mari poco profondi, per poi colonizzare ambienti terrestri, aerei ed abissali. Dei tre, è la colonizzazione degli abissi ad essere l’evento meno compreso dalla scienza. Infatti, gli ambienti abissali spesso precludono la fossilizzazione. "I fossili appena scoperti gettano luce su un capitolo altrimenti oscuro della storia della vita sulla Terra".

I fossili appenninici costringono a riconsiderare quali fattori potrebbero aver innescato la colonizzazione degli abissi. Baucon e colleghi propongono che il fattore scatenante sia stato il massiccio apporto di materia organica verificatosi tra Giurassico e Cretacico. La disponibilità di cibo favoriva gli organismi vermiformi che vivevano sul fondo. Questi, a loro volta, attiravano i pesci che li predavano grazie a specifiche tecniche di caccia. "Comportamento: è di questo che ‘parlano’ i nuovi fossili".

I ricercatori hanno utilizzato un approccio peculiare per leggere nelle rocce i comportamenti di 130 milioni di anni fa. "Ci siamo rivolti ai mari attuali". Baucon e colleghi hanno studiato il comportamento dei pesci direttamente nel loro habitat. L’osservazione dei pesci moderni è stata illuminante”, i ricercatori hanno esplorato le profondità dell'Oceano Pacifico per studiare le chimere, o squali fantasma. "A 1500 metri di profondità abbiamo incontrato una chimera che affondava la bocca nel sedimento. È stato uno sguardo al passato!" dice Thomas Linley.

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 A 1600 metri di profondità, una chimera nuota a poca distanza dal fondale. Nel nuovo studio, gli scienziati hanno analizzato il comportamento dei moderni pesci di mare profondo per comprendere come si siano formate le tracce fossili riconosciute nell’Appennino. Il video mostra una chimera che nuota sul fondo dell’Oceano Pacifico (profondità: 1544 m; Fossa delle Kermadec). La chimera affonda il muso nel sedimento per nutrirsi. Movie credit: Thomas Linley, Alan Jamieson.
https://www.tracemaker.com/wp-content/uploads/2023/09/Chimera_Feed_Kermadec_1544m.mp4

I nuovi fossili sono identici alle strutture prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti. Questo ricorda i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni ‘pesci-lucertola’ (Bathysaurus). "Una caratteristica chiave dei Neoteleostei è l'apparato di alimentazione per aspirazione altamente sviluppato: i fossili appenninici potrebbero rappresentare una fase molto precoce della diversificazione dei Neoteleostei", spiega Imants Priede. Il presente è la chiave per il passato... e viceversa!.

I fossili appena scoperti potrebbero rappresentare il primo passo nelle origini della biodiversità dei vertebrati abissali. "I pesci sono un componente importante degli ecosistemi abissali attuali". Questi ecosistemi avrebbero le proprie radici nei fossili appenninici, che testimoniano un evento fondamentale nella storia degli oceani. "I fossili appena scoperti riscrivono il ‘come’ ed il ‘quando’ della colonizzazione degli abissi. Essi contengono indizi fondamentali sui primissimi inizi dei vertebrati di mare profondo, con importanti implicazioni non solo per le Scienze della Terra ma anche per le Scienze della Vita", riassume Andrea Baucon.

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Utilizzando la fotogrammetria, i ricercatori hanno fornito un modello tridimensionale dei fossili studiati. Questi rappresentano l’attività dei più antichi pesci abissali. Movie credit: Girolamo Lo Russo
https://www.tracemaker.com/wp-content/uploads/2023/09/fish-feeding-pits-and-trails.mp4

Articolo scientifico
The earliest evidence of deep-sea vertebrates
Andrea Baucon, Annalisa Ferretti, Chiara Fioroni, Luca Pandolfi, Enrico Serpagli, Armando Piccinini, Carlos Neto de Carvalho, Mário Cachão, Thomas Linley, Fernando Muñiz, Zain Belaústegui, Alan Jamieson, Girolamo Lo Russo, Filippo Guerrini, Sara Ferrando, Imants Priede,
Proceedings of the National Academy of Sciences
Volume: 120, Issue: 37, DOI: 10.1073/pnas.2306164120

 

Lo studio ha beneficiato della collaborazione scientifica e delle risorse finanziarie di istituzioni scientifiche italiane (Università di Genova, Pisa, Modena e Reggio Emilia, Padova, Parma; Museo di Storia Naturale di Piacenza; Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige), Portogallo (Geoparco UNESCO Naturtejo; Università di Lisbona), Inghilterra (Università di Newcastle), Spagna (Università di Siviglia e Barcellona), Australia (Università dell'Australia Occidentale), Scozia (Università di Aberdeen). Lo studio ha beneficiato di un significativo finanziamento da parte della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC)

 

 

Immagini e video
Immagini e video del nuovo studio possono essere scaricate all’indirizzo
https://www.tracemaker.com/2023/09/01/the-earliest-deep-sea-vertebrates-revealed-by-unusual-fossils/