Breve storia del Dipartimento

Premessa

"Scienze della Terra" è l'espressione che ha oggi lo stesso valore che si assegnava una volta al termine "geologia", cioè di scienza comprensiva di tutte le conoscenze relative al pianeta Terra, e che lo sostituisce. Geologia è oggi impiegato in modo più ristretto, ad indicare una delle molte branche specialistiche che contribuiscono a studiare gli aspetti abiotici del pianeta che ci ospita. "Dipartimento di Scienze della Terra" è dunque la struttura di ricerca e didattica che, a partire dal 1981, riunisce gli studiosi di geologia, mineralogia, petrografia, geografia fisica, paleontologia, geochimica, ecc., e ne promuove l'attività complessivamente rivolta a conoscere il pianeta Terra. In questo senso moderno dunque utilizzerò i termini "Geologia" e "Scienze della Terra" anche quando riferiti ad un passato lontano.

Le Scienze della Terra hanno una lunghissima storia d'evoluzione delle conoscenze: le "materie minerali" sono state impiegate dall'uomo ancora prima che si affermasse la specie Homo sapiens e pertanto molto antiche sono le prime conoscenze acquisite su questi prodotti della Natura. Le Scienze della Terra hanno dunque avuto da sempre, ed hanno tuttora, una grande rilevanza per le attività pratiche dell'Uomo. Questo tuttavia non significa che siano Scienze rivolte prevalentemente ad aspetti tecnologici e applicativi: ogni applicazione, infatti, nasce dalle conoscenze le quali, a loro volta, si accrescono nell'esercizio e nello svolgersi delle applicazioni.

In epoca greco-romana il progresso delle conoscenze consegue ad applicazioni pratiche quali la metallurgia, i materiali da costruzione, le terrecotte, i prodotti d'impiego medico, ecc. Gli utilizzi "farmacologici" delle materie minerali sono quelli che, più degli altri, promuovono la ricerca di sempre nuovi prodotti, stimolandone uno studio approfondito. Si vedano, a questo proposito, i sei libri "De materia medica" di Dioscoride, medico greco del I secolo. Questo trattato, come anche la più nota ed ampia "Naturalis historia" in 37 volumi di Plinio il Vecchio, naturalista latino del I secolo, descrivono numerose materie minerali, minerali e rocce, mentre riportano solo scarse notizie sull'arte mineraria e la metallurgia, le cui regole e conoscenze sono tenute gelosamente nascoste anche per la loro importanza strategica.

Nel territorio pisano sono stati rinvenuti reperti litici, riferibili, con continuità temporale, dall'età della pietra ai tempi nostri, che testimoniano un sempre più intenso uso di materiali inorganici naturali e dei loro prodotti di trasformazione artificiale ad indicare il progressivo affinarsi delle conoscenze sulle proprietà dei materiali stessi, sulle loro presenze nel territorio, sui modi di estrarli, di lavorarli e di modificarli con il fuoco. Anche a Pisa dunque è vivo da sempre un interesse per le Scienze della Terra, interesse che oggi è rappresentato, nei suoi aspetti più strettamente conoscitivi, dal Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa e dall'Istituto di Geoscienze e Georisorse del C.N.R. e, negli aspetti applicativi, riferendosi al più ampio territorio della Toscana occidentale, dalle non poche aziende impegnate nell'estrazione e lavorazione di materiali lapidei, nell'utilizzo delle energie endogene, nella produzione del vetro, nell'utilizzo e commercializzazione d'acque termali e minerali, nella produzione di calce, cementi, laterizi, ecc.

Volendo tuttavia seguire lo sviluppo, in epoca moderna, delle Scienze della Terra a Pisa ed il loro concretarsi nell'attuale Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Università di Pisa, è opportuno iniziare il cammino dalla fine del XVI secolo (1) e dividere in successive tappe temporali il percorso che conduce all'oggi.

Gli antefatti. Dal XVI al XVIII secolo

La prima tappa inizia con lo scritto (2) di Cosimo I dei Medici che, nel 1543, ordina la riapertura dello Studio pisano, chiuso nel 1535 per carenza di docenti e attrezzature. Alla riapertura, l'Università di Pisa era strutturata in tre corsi di laurea che conducevano al dottorato in teologia, in diritto civile e canonico, in filosofia e medicina, ciascuno dei quali comprendeva più insegnamenti. Il corso di laurea in filosofia e medicina prevedeva l'insegnamento dei "semplici", che si concretava essenzialmente nella lettura e commento del "De materia medica" di Dioscoride (I secolo d.C.). L'opera di Dioscoride è fondamentalmente, anche nelle intenzioni dell'autore, un trattato di farmacologia e tuttavia può anche essere letta come un trattato descrittivo degli oggetti del mondo naturale con particolare attenzione rivolta al mondo vegetale (sono descritte circa 500 piante) senza trascurare il mondo minerale (circa ottanta materie inorganiche, fra le quali una trentina di minerali in senso moderno). Nel 1545, a Pisa, trattava "dei semplici" Luca Ghini (1490-1556) (3), di Imola, medico e botanico, già docente presso l'ateneo di Bologna. La fama di Luca Ghini è legata alla botanica e alla creazione del primo Orto Botanico pisano, come medico tuttavia egli conosceva anche i minerali, e non pochi composti inorganici artificiali, per il loro impiego come medicinali. Lo sviluppo delle conoscenze sul mondo minerale ha seguito, storicamente, due diversi percorsi dipendenti da diverse necessità ed applicazioni: da una parte l'arte medica che utilizzava, come medicinali, minerali e composti inorganici, dall'altra l'arte mineraria che cercava ed estraeva rocce e minerali per la produzione di manufatti. Nozioni e metodi, che oggi diremmo chimici, di preparazione, purificazione, modificazione del materiale grezzo naturale, per meglio soddisfare alle rispettive esigenze, erano a comune fra i due indirizzi di attività. I livelli di conoscenza raggiunti, ai tempi di Luca Ghini, nei due diversi ambiti disciplinari, sono emblematicamente rappresentati dalle opere di Pietro Andrea Mattioli (1501-1578) (4) e di Georg Bauer (1494-1555). Il primo, medico botanico senese, pubblica nel 1544 una traduzione in italiano del testo di Dioscoride, che integra con un commento che diventa sempre più ricco e ampio nelle successive edizioni, sino all'ultima edita nel 1568. I commenti di Mattioli segnano un gran passo avanti rispetto al testo di Dioscoride, perché il naturalista senese introduce molte nozioni, frutto d'osservazioni personalmente effettuate su piante e minerali e non semplicemente ricavate dall'autorità di testi più antichi. Per quanto ricco (5) , il commento di Mattioli al libro V di Dioscoride, nel quale si tratta di minerali, rocce ed altri corpi inorganici, è sicuramente inferiore agli scritti di Georg Bauer, medico mineralista tedesco, più noto con il suo nome latinizzato in Agricola. Quest'ultimo pubblica (6) nel 1544 il "De natura fossilium", trattato di mineralogia in 10 volumi, e postumo nel 1556, il "De re metallica", trattato di arte mineraria in 12 volumi. Questi due trattati sono universalmente riconosciuti come l'origine della mineralogia scientifica. Complessivamente le conoscenze sui minerali non si sono molto accresciute: negli scritti medici del cosiddetto "corpo ippocratico", risalenti al IV secolo a.C., si trovano citati circa 75 minerali diversi mentre dagli scritti di Agricola si deduce che, nel XVI secolo, vale a dire dopo quasi 2000 anni, ne erano noti circa 80. A questo modesto aumento del numero di specie minerali conosciute fa tuttavia riscontro una precisa descrizione dei caratteri, che ne permettono l'esatta individuazione, ed un grande approfondimento delle conoscenze sulle loro proprietà, giaciture, provenienze. Mentre nel mondo antico uno stesso materiale poteva essere indicato con più nomi ed uno stesso nome poteva riferirsi a più materiali diversi, dopo gli scritti di Mattioli e soprattutto di Agricola queste confusioni non sono più possibili.

diosco
Cosimo I° dei Medici
Dioscoride
Luca Ghini
Pietro A. Mattioli
Georg Bauer

A metà del XVI secolo, le conoscenze sui minerali, proprie dell'arte mineraria, erano superiori a quelle dell'arte medica, tuttavia Luca Ghini, botanico e medico, conosceva bene i minerali; aveva anzi, per i minerali, interessi che andavano oltre l'arte medica. In una lettera (7) che egli scrive il 4 luglio 1545 a Pier Francesco Riccio, si legge: ".. alli Bagni della Porretta intesi che pel viaggio a Bologna in un luogo chiamato Monte Agudo se ritrovavano delli cristalli, et anchora che s'alongassi la via ... nondimeno volsi andarvi ..." E' probabile che si tratti dei cristalli di quarzo scuro ad abito bipiramidale abbondanti a Monte Acuto Ragazza e ricercati ancora oggi dai collezionisti. Luca Ghini dunque era disposto a spendere tempo e fatica per controllare di persona una notizia sentita dire e per avere occasione di raccogliere qualche campione interessante.

Questa passione per le materie minerali dipende in parte dal nascere di una vocazione museologica, di raccogliere cioè e conservare oggetti naturali insoliti o poco comuni quali i cristalli ben formati. Ma non mancano anche esigenze di ben altra rilevanza pratica. Basterà ricordare la figura di Lorenzo Mazzanga (8) , barghigiano, prefetto dell'Orto dal 1583 al 1592, cui è dovuta la scoperta del diaspro fiorito di Barga, pietra dura di grande valore estetico, della quale era possibile estrarre grandi blocchi. Molto ricercato e apprezzato da Francesco, granduca dal 1574 al 1587, il diaspro di Barga sarà impiegato in grandissima quantità, dal 1604 per tutto il XVII secolo, a Firenze, nella Cappella dei Principi, della Chiesa di San Lorenzo. Tracce delle antiche cave sono ancora visibili in località Giuncheto, presso Barga.

Facendo un salto nel tempo, nel 1591 troviamo l'Orto Botanico di Pisa trasferito nella sua terza e definitiva sede, quella attuale fra Via S.Maria e Via Roma, nei pressi della piazza del Duomo. Adiacente all'Orto vi è una casa (9), acquistata dal granduca Ferdinando I per servizio al "Giardino" e per ospitare la "Galleria", cioè il Museo delle cose naturali e artificiali, e la "Fonderia", cioè il laboratorio di chimica per le preparazioni dei farmaci da prodotti vegetali e materie minerali. Il 25 Aprile 1591, Michele Landino da Farnocchia viene a Pisa con campioni di rocce e minerali raccolti nel capitanato di Pietrasanta. Pochi anni dopo, nell'estate del 1599, Francesco Malocchi, frate francescano, Prefetto del "Giardino" e Direttore della Galleria dal 1596 al 1613, compie un lungo viaggio in Liguria, durante il quale raccoglie piante ed ogni cosa che egli ritenga utile per l'insegnamento delle scienze naturali. Nel catalogo (10) dei materiali riportati a Pisa compaiono 125 ingressi, ciascuno per uno o più esemplari, di materiali considerati, secondo la terminologia dioscoridea, come materie minerali o ad esse assimilabili. Un successivo inventario (11), compilato il 16 luglio 1626 in occasione della consegna delle collezioni al frate Matteo Pandolfini, nuovo Prefetto, mostra che la Galleria è molto cresciuta. Mescolati ad ogni altro tipo di reperti, si identificano oltre 80 esemplari di minerali, rocce o fossili che meritano singola citazione per le grandi dimensioni. Inoltre, in armadi con sportelli protetti da rete metallica, dunque esposti e visibili per studio, oltre 1200 piccoli esemplari, ed ancora grande quantità di campioni nei cassetti degli armadi che arredavano la Galleria. Dunque un grande sviluppo delle collezioni, nelle quali sono ben rappresentati i materiali toscani, le pietre dure e i metalli preziosi, le diverse specie di minerali. La terminologia impiegata è quella propria della fine del XVI secolo (5) e garantisce che a Pisa si era al corrente dello stato dell'arte in Scienze della Terra.

Il XVII secolo, così brillantemente iniziato, diventa assai poco proficuo per le Scienze della Terra a Pisa nei suoi anni finali. In questi anni è presente in Toscana Nicolò Stenone, naturalista danese, che dal 1666 al 1672 è a Firenze, archiatra di corte e curatore delle collezioni naturalistiche per i granduchi Ferdinando II e Cosimo III. Stenone è grande naturalista, ricordato per i suoi importanti studi di anatomia e, soprattutto, per gli studi geologici e paleontologici (12) . In campo mineralogico, Stenone fu il primo osservatore, in cristalli di quarzo, della costanza dell'angolo diedro fra facce corrispondenti; osservazione che sarà generalizzata ed esplicitamente formulata come legge, nel 1705, da Domenico Guglielmini (Bologna 1655 - Padova 1710). La fine del secolo XVII, o il passaggio al XVIII, o più esplicitamente la formulazione della "legge di costanza dell'angolo diedro", segna uno spartiacque, varcato il quale la mineralogia diventa scienza esatta: è finalmente possibile stabilire, attraverso i valori degli angoli diedri fra le facce, l'appartenenza di un individuo ad una specie ed avviare quindi lo studio delle proprietà, della composizione, della genesi, ecc. dei minerali.

In campo paleontologico, Stenone pubblicò nel 1669 un importante lavoro (comunemente citato col nome abbreviato di "Prodomus") in cui dimostrava come le pietre comunemente chiamate "glossopetra" (lingue pietrificato) fossero in realtà denti di squalo fossili, discutendo in dettaglio anche modi e tempi del loro processo di fossilizzazione, con particolare attenzione al problema (ai suoi tempi ancora irrisolto) di come tali fossili fossero stati inglobati nella roccia in cui erano contenuti (12) . Dalle conclusioni della sua ricerca, Stenone fu indotto a suggerire una periodizzazione della storia della Terra che ebbe una straordinaria importanza in quanto si tratta di uno dei primi esempi di "storia della Terra", in cui la storia del globo e quella della vita venivano integrate, precedendo così di quasi quarant'anni la notissima opera dell'inglese Robert Hooke (Freshwater, Isola di Wight 1635 - Londra 1703), opera pubblicata nel 1704, un anno dopo la morte dell'autore (12).

Ma in quegli stessi anni la politica culturale dei Granduchi si sposta da Pisa verso Firenze, ed è in questa città che si allestiscono collezioni di pregio con i migliori esemplari che Stenone, per incarico dei Granduchi stessi, ha prelevato dal Museo pisano. Dopo molti anni durante i quali lo "Studio pisano" è stato leader in Europa nelle scienze naturali, vengono anni nei quali langue la ricerca e la didattica; e qui termina la prima tappa del nostro cammino, durante la quale le Scienze della Terra sono state presenti a Pisa, come d'altronde negli altri atenei europei contemporanei, senza una propria autonomia ma come parte di un'unitaria Scienza descrittiva della Natura.

La nascita della scuola geologica pisana. Il XIX secolo

La seconda tappa si apre agli inizi del XIX secolo: nel 1814 s'interrompe l'unità didattica e strutturale dell'Orto botanico con annessa Galleria, unità impersonata, sino a questa data, dalla figura del Prefetto dell'Orto, unico responsabile degli edifici e connesse attività e, salvo rare eccezioni (13), docente di Botanica e di Scienze naturali. La direzione dell'Orto botanico e l'insegnamento della Botanica sono affidati a Gaetano Savi mentre a Giorgio Santi è affidata la direzione del Museo e l'insegnamento della Storia naturale, in altre parole della Zoologia, Anatomia comparata, Geologia.

 

 

Non sono molti i contributi di Giorgio Santi alle Scienze della Terra: il suo atteggiamento era stato quello tipico dello studioso di fine '700, interessato a descrivere il territorio nei suoi più diversi aspetti, (flora e fauna, acque termali, miniere, agricoltura, insediamenti umani, archeologia.) con l'atteggiamento del colto viaggiatore, ma poco incline ad approfondire i problemi legati alle singole discipline. Per quello che se ne sa, Santi non aveva fatto che tre soli viaggi geologici attraverso la Toscana (Monte Amiata e Senese) e poco aveva prodotto relativamente alle scienze geologiche in genere (12). Sono tuttavia da ricordare le sue analisi delle acque di San Giuliano Terme (14). Il primo studioso della geologia Toscana "sul campo" sarà comunque, come vedremo, Paolo Savi.

Nel 1823, a Giorgio Santi succede Paolo Savi (Pisa 1798-1871), naturalista a tutto campo, grande museologo, ornitologo di fama internazionale, noto soprattutto per i suoi trattati "Ornitologia toscana" e "Ornitologia italiana". Probabilmente a seguito di una sua permanenza di due mesi a Parigi (1828), durante la quale ebbe occasione di discutere a lungo di scienza con i grandi maestri francesi Brongniart, Geoffroy de Saint'Hilaire e, soprattutto, Cuvier (che gli regalò per il Museo pisano una collezione di calchi in gesso dei reperti su cui il grande francese aveva stabilito "parte delle specie nuove degli animali perduti", come ebbe più tardi a scrivere lo stesso Savi), in Savi andò crescendo l'interesse per la geologia (15).

Significativamente, con il 1828 cominciano infatti le escursioni geologiche in Toscana, proseguite nel 1829 con gite sui Monti Pisani, gli Appennini, le Alpi Apuane, cui fanno seguito le prime pubblicazioni di argomento geologico nel biennio 29-30. Non è da escludersi che al crescente interesse di Savi per la geologia abbia contribuito anche una sollecitazione dello stesso Granduca Leopoldo II, cui molto premeva, per gli interessi della nascente industria toscana, lo sfruttamento del carbon fossile della maremma toscana (15). Sta di fatto che, a partire dagli anni '30, Savi divenne il "geologo di stato" e ricevette importanti incarichi pubblici.

Dal 1830, Paolo Savi si impegnò dunque fortemente negli studi geologici, dedicando attenzione alle rocce ofiolitiche, ai carboni fossili della Maremma, alle miniere di Massa Marittima, Elba, Orciatico, Riparbella, Impruneta, ai depositi di sale del Volterrano. Ci ha lasciato inoltre approfonditi studi sui Monti Pisani, corredati di pregevoli carte geologiche tuttora esistenti presso il Dipartimento, e sulle Apuane. Il contributo di Savi più significativo nel campo delle scienze geologiche è però probabilmente quello relativo alla comprensione della vera natura di rocce come i marmi delle Apuane e della zona di San. Giuliano 16 . Già ne l 1832, infatti, Savi aveva pubblicato un importante lavoro (cui ne seguirono molti altri, fino agli anni '50) che rappresenta l'inizio di una nuova epoca nelle ricerche geologiche in Toscana. Non solo si andava precisando la cronologia dei cosiddetti "terreni stratificati", ma veniva anche accettata l'origine sedimentaria di rocce (tra cui i marmi toscani), per le quali non più di rocce ignee si andava ora parlando ma di "rocce di trasformazione " (diremmo oggi, con una terminologia più moderna, di rocce metamorfiche), derivate appunto dalla trasformazione, in alte temperature, di coevi "terreni stratificati" (16) .

Di Paolo Savi, oltre dei meriti scientifici, non si può non dire dell'impegno profuso per organizzare e condurre a buon fine una straordinaria iniziativa toscana del XIX secolo, d'inestimabile valore culturale e politico: la Prima Riunione degli Scienziati Italiani (17) , tenutasi a Pisa nell'ottobre del 1839, quasi 22 anni prima della proclamazione (17 marzo 1861) del Regno d'Italia, che peraltro non comprendeva ancora tutti gli Italiani. Nella relazione del prof. F. Corridi, Segretario generale della Riunione, si legge: "L'Italia ricorderà per lungo tempo i nomi di sei chiarissimi Uomini che furono i lodevoli promotori di questa prima scientifica Riunione nazionale. Son dessi il Principe Carlo Bonaparte, il Commendatore Vincenzo Antinori, il Cav. Prof. Gio. Battista Amici, il Cav. Gaetano Giorgini, il Prof. Paolo Savi, e il Cav. Prof. Maurizio Bufalini.". Nell'ordine, uno zoologo esperto d'ornitologia, da Roma, un naturalista e metereologo, da Firenze, un fisico astronomo modenese, in quegli anni a Firenze, un matematico di Montignoso, a Firenze dal 1831, un naturalista pisano che diventerà un grande geologo, un medico di Cesena.

Per espressa volontà dei Promotori (18) si decise che gli scienziati si riunissero in autunno a "Pisa, che gli splendidi titoli riunendo di dotta, di gentile, di ricca d'ogni cosa profittevole al ben vivere, si reputava città atta ad accogliere degnamente i naturalisti italiani". Inoltre, la partecipazione alla Riunione era riservata a personaggi noti per cultura o per cariche ricoperte: "Erano qualità volute per essere ascritto fra i membri del Consesso il nome di cultore distinto delle scienze matematiche e naturali, il grado di Uffiziale del Genio, quello d'Ingegnere delle Miniere, in fine lo appartenere ad una delle principali Accademie scientifiche italiane o straniere".

Quattrocentoventuno scienziati, fra italiani e stranieri, convennero in Pisa. L'alto numero dei partecipanti rese necessario suddividere il convegno in sei sezioni: Fisica, Chimica e Matematica; Geologia, Mineralogia e Geografia; Botanica e Fisiologia vegetabile; Zoologia ed Anatomia comparativa; Medicina; Agronomia e Tecnologia. Dunque nel 1839, nell'ambito delle discipline che oggi riuniamo nelle Scienze naturali, era già ben evidente la specializzazione dei diversi campi di ricerca anche se questa non era ancora manifesta nelle discipline accademiche. Nella quarta edizione degli Atti della Prima Riunione, i resoconti delle 48 adunanze, otto per ognuna delle sei sezioni, occupano complessivamente 302 pagine, 66 delle quali per la sezione di Mineralogia, Geologia e Geografia a testimonianza della ricchezza di attività in questo campo.

In tutte le adunanze spicca la figura di Paolo Savi sia per le relazioni che presenta sui Monti Pisani e sui combustibili fossili in Toscana, sia per la autorevole partecipazione a tutte le discussioni. Nella sesta riunione viene letta una memoria di Leopoldo Pilla che illustra due sezioni geologiche degli Appennini. Sui Monti Pisani, la cui geologia era stata studiata da Paolo Savi, viene infine svolta l'escursione geologia della Sezione di Mineralogia, Geologia e Geografia (17).

Paolo Savi è dunque la prima vera figura di "geologo" della scuola pisana a merito del quale va ascritta un'altra importante iniziativa. Pur continuando a svolgere personalmente ricerche di notevole interesse per la conoscenza della geologia e delle risorse minerarie toscane, il Savi si andava sempre più orientando verso la biologia animale e ottenne per questo di dividere la sua cattedra, e le strutture museali, separando le materie biologiche da quelle abiologiche. Di conseguenza, nel 1842 Paolo Savi, professore di Zoologia e Anatomia comparata, è prefetto del Museo di Zoologia e Anatomia comparata. A coprire la nuova cattedra di Mineralogia e Geologia, e come prefetto del Museo di Mineralogia e Geologia, è chiamato, da Napoli, Leopoldo Pilla (Venafro 1805, Curtatone 1848), medico, geologo di fama internazionale, liberale. Al 1842 si può dunque fissare la data di nascita di quello che diventerà l'attuale Dipartimento di Scienze della Terra.

Leopoldo Pilla venne a Pisa portando con sé una collezione di minerali vesuviani, 269 campioni della quale sono tuttora conservati presso il Museo di Storia naturale e del Territorio (Università di Pisa, Certosa di Calci); laureato in Medicina Veterinaria ed in seguito in Medicina e Chirurgia, fu grande viaggiatore, noto e apprezzato in tutta Europa. Nei suoi viaggi ebbe agio di osservare molti fenomeni e di raccogliere molto materiale naturalistico che resta descritto in importanti lavori su varie regioni italiane, con particolare riguardo ai fenomeni vulcanici, segno e auspicio dell'impegno che, ad oltre un secolo di distanza, il Dipartimento dedicherà alla ricerca a questo settore della ricerca. Per la storia del Dipartimento di notevole interesse sono gli eventi collegati al forte terremoto che nel 1846, alle 12 e 55 del 14 Agosto, ebbe luogo nel pisano, con crolli e perdita di vite umane. Con le parole di Pilla (19) : " Terminato questo avvenimento funesto, escii dal Museo, e trovai le strade della città ingombre di gente, la quale nel volto portava dipinto tutto il terrore che avea dentro provato. . . Dopo essermi assicurato della salvezza delle persone più care, il mio primo pensiero corse al Campanile del Duomo. Trassi subito a vedere che cosa ne fosse. Quale fu la mia sorpresa nel vederlo ritto e stabile come innanzi!". Un segno del terremoto del 1846 è invece rimasto negli archi dal 554 al 563 dell'acquedotto mediceo, che porta acqua da Asciano a Pisa, ricostruiti dopo il terremoto, come sta scritto sul capitello del pilastro sinistro dell'arco 563: "DOPO IL TERREMOTO XIV AG MDCCCXLVI".

Questo evento fu descritto e commentato da ambedue i geologi pisani: Pilla e Savi. Subito dopo il terremoto, Pilla pubblicò un opuscoletto (19) del quale in pochi giorni furono vendute 1500 copie, il ricavato venne dal Pilla "ceduto a benefizio degli infelici danneggiati dal disastro" (20). Poco dopo il terremoto, Pilla fece alcune brevi escursioni nelle colline a sud di Pisa (20) e, a seguito di una serie di scosse di assestamento, pubblicò poi, in Ottobre, un più meditato articolo in cui sosteneva essere il terremoto di origine vulcanica, con epicentro nell'area vulcanica del Sud dell'Italia (21) .

Savi rispose all'articolo del Pilla con una corposa memoria ("Relazione de' fenomeni presentati dai terremoti di Toscana dell'agosto 1846 e considerazioni teoretiche sopra i medesimi") 16, basata sulla sua maggiore conoscenza del territorio ma anche su una assai più completa inchiesta sui luoghi del disastro e sulla raccolta di dati anche attraverso un dettagliato questionario inviato a tutti i suoi corrispondenti fin dove, anche fuori Toscana, le scosse fossero state avvertite. In un italiano decisamente elegante ma senza tecnicismi, rivolto quindi ad un pubblico ampio e non solo agli specialisti, controbatté le ipotesi del Pilla (non citando però le pubblicazioni del suo collega sul terremoto, forse per non dare al suo lavoro un taglio troppo polemico), tranquillizzò quanti avevano temuto imminente il formarsi di un vulcano nel Pisano, e identificò assai correttamente l'epicentro in Val di Fine. I due lavori di Pilla e del Savi sono tra i più antichi esempi di una analisi di tipo moderno di un evento sismico. Il Pilla morì nel 1848 nella battaglia di Curtatone e Montanara; nonostante il breve periodo trascorso a Pisa, ha lasciato scritti sulle rocce toscane, sui filoni cupriferi di Campiglia, sulla lignite di Montebamboli.

Nel 1849, alla cattedra già del Pilla viene chiamato Giuseppe Meneghini (Padova 1811 - Pisa 1889) che fu geologo, grande paleontologo ed insuperabile maestro. La fama del Meneghini richiamava a Pisa studenti da tutta Italia, per laurearsi in Scienze naturali con indirizzo geologico; il profitto era ottimo come testimoniano i dodici allievi (22) che occuparono cattedre universitarie di Mineralogia, Geologia, Paleontologia. Meneghini si laurea in medicina, all'Università di Padova, nel 1834. Nel 1835 è Assistente alla cattedra di Botanica, nel 1839 diviene Professore Ordinario di Scienze Preparatorie - Fisica, Chimica e Botanica - per i chirurghi. Nel 1848, per ragioni politiche legate ai moti rivoluzionari, è cancellato dal ruolo di professore della I.R. Università di Padova e si rifugia in Toscana dove, nel 1849 con Decreto Granducale, è nominato professore di Mineralogia e Geologia e direttore dell'omonimo Museo dell'Università di Pisa.

E' difficile sintetizzare la prodigiosa attività del Meneghini. Nel periodo padovano pubblicò 51 lavori originali su argomenti di zoologia, botanica, fisiologia, geologia. A Pisa diede alla stampa un centinaio di memorie originali, d'argomento prevalentemente paleontologico e geologico. Troppo lungo, per essere scritto per intero, l'elenco delle cariche istituzionali, dei comitati nazionali dei quali fu membro o presidente, delle 80 e più accademie, istituti, società e sodalizi scientifici nazionali ed internazionali di cui fu membro ordinario, onorario, o corrispondente. È tuttavia necessario ricordare che fu primo presidente della Società Geologica Italiana, fondata nel 1881 in occasione del Secondo Congresso Geologico Internazionale convocato a Bologna per iniziativa di Giovanni Capellini.

Con Savi, Meneghini collaborò proficuamente, pubblicando insieme a lui (1850) , tra l'altro, la traduzione della poderosa "Memoria sulla struttura geologica delle Alpi, degli Appennini e dei Carpazi" di Sir Roderick Impey Murchison ( 1792 - 1871) , con questo schierandosi definitivamente a fianco della scuola inglese 15 di Charles Lyell (1797, Kinnordy, Scozzia - 1875, Londra) considerato, col suo "Attualismo", il fondatore della geologia moderna.

Bisognerà però aspettare il 1888, dopo la morte del Savi, per vedere la prima "Carta geologica della Toscana", pubblicata da Meneghini a nome suo e di Paolo Savi, un omaggio postumo al suo collega e maestro che a questa carta aveva lavorato a partire dagli anni '30; ma anche una orgogliosa affermazione di continuità della ormai consolidata Scuola Pisana di Geologia (15).

La città di Pisa onorò grandemente Giuseppe Meneghini concedendogli la sepoltura nel corridoio nord del Camposanto. Nel corridoio est del Camposanto fu collocato il monumento funebre (busto di bronzo su base di rosso di Verona) eseguito nel 1889 da Ettore Ferrari. Intorno al 1935 il monumento fu trasferito al secondo piano dell'edificio in Via S. Maria, all'attuale numero 53, allora sede dell'Istituto e Museo di Geologia e Paleontologia. Una bomba d'aereo, fuori bersaglio, distrusse nel 1944 l'ala dell'edificio prospiciente Via S. Maria ed il monumento a Meneghini fu recuperato dalle macerie con la testa incrinata ed il piedistallo sbeccato in più punti. Il monumento fu rimontato all'aperto, nel cortile oggi del Dipartimento, ove rimase sino agli anni novanta del secolo passato quando fu riportato in Camposanto.

Nel 1874 la cattedra di Giuseppe Meneghini viene sdoppiata: Meneghini continua l'insegnamento della Geologia e della Geografia fisica, mentre alla Mineralogia è chiamato Antonio D'Achiardi (Pisa 1839 - 1902). Antonio D'Achiardi, non ancora ventenne, si laurea in Scienze naturali ed inizia un'attività di ricerca presso l'Istituto di Chimica dove, dopo pochi mesi, in un incidente di lavoro, perde un occhio; a seguito di questa disgrazia cambia attività ed inizia una stretta collaborazione con Giuseppe Meneghini. In realtà D'Achiardi non cambia veramente campo di ricerca, perchè si dedica allo studio dei minerali e, nella seconda metà del XIX secolo, la Mineralogia è parte integrante della Chimica e viceversa. La passione e le conoscenze di chimica restano elementi della personalità scientifica del D'Achiardi, che sono però strettamente e profondamente integrati con le conoscenze naturalistiche proprie della mineralogia e con le tecniche necessarie per lo studio delle proprietà fisiche dei minerali. D'Achiardi dunque diventa un maestro nell'uso del microscopio in luce polarizzata, nell'impiego dei goniometri ottici per gli studi di cristallografia morfologica, nella descrizione delle località d'interesse mineralogico e della giacitura e paragenesi dei minerali che vi si rinvengono. Si aggiunga a questo la capacità analitica chimica e si otterrà la figura di un grande mineralista che ha lasciato una ricca messe di scritti scientifici, ai quali ancora oggi si ricorre per le informazioni che contengono, che si leggono sempre con piacere per la sintesi e precisione di linguaggio, che trovano un compendio, ben noto agli addetti ai lavori, nei due volumi di Mineralogia della Toscana. D'Achiardi è stato socio delle più importanti società scientifiche italiane, quali i Lincei e l'Istituto veneto. Ma la fama del mineralista pisano era grande in Europa come chiaramente testimoniato dall'esser stato il D'Achiardi membro onorario della Società Mineralogica di Londra, onore non concesso ad alcun altro italiano a lui contemporaneo.

Nel 1874 Antonio D'Achiardi vince la cattedra di Geologia a Pavia con una produzione scientifica nella quale prevalgono le tematiche geologiche e paleontologiche e ricca d'opere, anche di grande respiro, quali ad esempio le memorie sui corallari del Veneto. Nello stesso anno, come abbiamo visto, veniva sdoppiata la cattedra del Meneghini e il D'Achiardi sceglie di restare a Pisa. Nel 1876 anche il Museo di Geologia e Mineralogia viene suddiviso in Museo di Geologia e Museo di Mineralogia: da questo momento il D'Achiardi è autonomo, anche come locali, nelle sue attività didattiche e scientifiche e si dedica in modo esclusivo allo studio dei minerali. Negli anni successivi e sino alla morte avvenuta il 10 dicembre 1902, Antonio D'Achiardi è il grande animatore della Società Toscana di Scienze Naturali, fondata in Pisa nel 1874, e che, per quest'antica tradizione, ha da allora trovato supporto nell'Istituto di Mineralogia ed oggi nel Dipartimento di Scienze della Terra.

Dal 1867 al 1900 Antonio D'Achiardi fu consigliere del Comune di Pisa, ricoprendo la carica per un venticinquennio circa. Scrive Canavari, nella commemorazione che tenne nella seduta del 13 dicembre 1902 del Consiglio comunale di Pisa: "Antonio D'Achiardi portò l'opera sua attiva ed intelligente in qualunque ramo delle pubbliche amministrazioni ove fu chiamato. Devesi avvertire però che mentre si accentuava la cosiddetta disciplina di partito che vorrebbe imporre ad ognuno il sacrificio almeno in parte delle proprie idee per il bene più o meno recondito e più o meno vicino del partito stesso, il D'Achiardi, anima eminentemente indipendente, non si adattò mai all'esigenze di consimili teorie. Rimase, perciò, spesso un solitario, e fu sempre pronto a sostenere le proprie idee anche se in opposizione con quelle de' suoi amici più cari". E' straordinario come, senza piegarsi a nessuna disciplina di Partito, sia stato nominato consigliere per 25 volte in 33 anni. Evidentemente le sue idee non erano contrattabili ma erano riconosciute buone. La sua azione fu indirizzata continuamente ad aumentare le risorse a disposizione delle scuole. Il grande edificio scolastico di Via San Frediano è merito di Antonio D'Achiardi.

Con Antonio D'Achiardi termina la seconda tappa che conduce al Dipartimento di Scienze della Terra. Nel corso del XIX secolo, in parallelo con lo sviluppo delle conoscenze che caratterizza quel secolo in tutta Europa, a Pisa nasceva, si sviluppava, si specializzava una scuola in Scienze della Terra che, dai suoi allievi, veniva portata in molte altre sedi universitarie italiane.

Paolo Savi, Leopoldo Pilla, Giuseppe Meneghini, Antonio D'Achiardi, i quattro uomini simbolo di questo sviluppo perché responsabili delle strutture accademiche, sono di diversa provenienza, di diversa estrazione, di diverse qualità umane. Li accomuna, oltre la capacità scientifica, una qualità tutta propria della Toscana del XIX secolo e, ci si augura, tuttora viva: l'amore della libertà che nasce dalla dignità personale accompagnata da un vivo senso dell'impegno civile. Savi promuove la prima riunione degli scienziati italiani, Pilla combattente e Meneghini profugo dei moti rivoluzionari del '48, D'Achiardi civilmente impegnato a promuovere le scuole primarie per la liberazione dei cittadini futuri.

Verso le Scienze della Terra. Dall'inizio del XX secolo al 1985.

La prima metà del XX secolo è un periodo di assestamento delle Scienze della Terra a Pisa. Le strutture restano quelle stabilitesi nel 1876, le cattedre sono occupate da personaggi di rilievo che mantengono viva una ricerca di grande livello. A Giuseppe Meneghini succede Mario Canavari (Camerino, 27 novembre 1855 - Pisa, 20 novembre 1928), laureato in matematica a Pisa il 28 luglio 1879. Affascinato da Giuseppe Meneghini decide di dedicarsi alla paleontologia, materia nella quale si perfeziona a Monaco di Baviera, sotto la guida di von Zittel, studiando i fossili del Lias inferiore del golfo di La Spezia. Al rientro in Italia è assunto quale paleontologo dal R. Ufficio Geologico ed è distaccato presso l'Istituto del Meneghini. Nel febbraio 1889, alla morte del maestro, viene nominato incaricato alla cattedra di Geologia che ricoprirà come straordinario alla fine dello stesso anno, vincendo il relativo concorso. Di questo periodo va ricordato soprattutto la grande (e splendidamente illustrata) monografia sui fossili giurassici dei dintorni di Camerino (1896, 1897, 1898, 1900, 1903). A partire dai primi, anni del '900, senza abbandonare del tutto la ricerca paleontologica, si dedica sempre più attivamente a studi di idrogeologia, tanto che Canavari sarà poi molto ricordato come geologo applicato anche per il "Manuale di geologia tecnica" da lui scritto fra il 1923 ed il 1928, terminandolo giusto al momento della sua morte. Nel 1895 Canavari aveva fondato, sul modello della Palaeontographica di Zittel, la rivista Palaeontographia Italica (24) che diresse sino l'anno della sua morte. È la più grande eredità lasciata da Canavari, una rivista internazionale di paleontologia, che pubblica esclusivamente monografie, uscita ininterrottamente dal 1895 ad oggi (23) grazie al continuo impegno dei suoi direttori 24 , tutti grandi ricercatori in geologia e paleontologia, attivi a Pisa.

Il 16 novembre 1929, con voto unanime, la Facoltà di Scienze della R. Università di Pisa, chiama Giuseppe Stefanini (Firenze 26.1.1882 - Pisa 14.9.1938) alla cattedra di Geologia. Laureato nel gennaio 1906 e perfezionato due anni dopo in Geologia presso il R. Istituto di studi superiori di Firenze, dal 1908 al 1924 Stefanini insegna Geografia e Geologia a Firenze. In questo anno vince la cattedra di Geologia a Cagliari dove si ferma poco per trasferirsi a Modena e quindi a Pisa. Negli stessi anni si perfeziona in Geologia e Paleontologia a Padova e a Parigi.

Nel 1915 riceve dal R. Governo la missione di compiere un viaggio di ricerche in Somalia, e con questo egli inizia la sua feconda attività di africanista. In numerose missioni in Africa, Stefanini pone le basi delle conoscenze geologiche e paleontologiche di molte regioni di questo grande continente, con particolare riferimento ai territori in quei tempi colonie italiane. Le ricerche di Stefanini si svolgono inoltre in Emilia, Veneto, Friuli dove vengono affrontati temi stratigrafici, tettonici, paleontologici. Ugualmente importanti le ricerche bio-paleontologiche fra le quali eminenti quelle sugli echinidi fossili. Stefanini portò anche importanti contributi alla paleontologia umana; egli fu infatti tra i soci fondatori del Comitato per le ricerche di paleontologia umana in Italia, sorto a Firenze nel 1912. L'eredità di questa attività di Stefanini si concreterà, dopo la seconda guerra mondiale, nell'Istituto di Antropologia e Paleontologia umana nel quale, secondo gli ideali di Stefanini, lo studio dell'uomo fossile non si limiterà al solo campo archeologico, ma sarà condotto con criterio ecologico mediante l'applicazione coniugata delle varie discipline naturalistiche.

Alla morte di Antonio D'Achiardi, la cattedra di Mineralogia viene assegnata, dapprima per incarico e, dal 1907, per titolarità a seguito di concorso, al figlio Giovanni (Pisa 25 aprile 1872 - 9 settembre 1944). Giovanni D'Achiardi crebbe scientificamente alla scuola di suo padre Antonio, sotto la guida del quale si laureò in Scienze naturali, conseguì nel 1899 la libera docenza in Mineralogia, avviò la ricerca sui minerali delle Alpi Apuane, dell'Isola d'Elba, della zona di Larderello. L'attività di Giovanni D'Achiardi è compendiata in oltre cento pubblicazioni scientifiche, in alcuni trattati ed in numerose relazioni e scritti di carattere divulgativo. Scienziato serio ma certamente di levatura più modesta del padre, Giovanni D'Achiardi fu peraltro uomo di tale rettitudine umana e rigorosa probità da ispirare una profonda stima nei colleghi universitari, che lo vollero più volte Rettore dell'Università, ed in tutti i cittadini di Pisa che gli affidarono numerose cariche in ambito civico; nel 1934 il D'Achiardi venne nominato senatore. Nella notte del 21 maggio 1939, Giovanni D'Achiardi è colpito da un'embolia cerebrale che lo lascia completamente paralizzato.

Alla fine degli anni '30 del secolo scorso, le Scienze della Terra sono rappresentate da Guido Tavani (Modena, 11 febbraio 1913 - Pisa, 15 febbraio 1978), paleontologo allievo di Stefanini, Stefano Bonatti (Torino, 24 maggio 1902 - Pisa, 23 aprile 1968), mineralista, Livio Trevisan (Lodi, 16 aprile 1909 - 18 novembre 1996), geologo.

Arriva adesso la grande tragedia della seconda guerra mondiale. Nel cortile interno oggi del Dipartimento, allora dell'Istituto di Mineralogia viene costruito un rifugio nel quale gli abitanti di Via S. Maria e dintorni si possano riparare in occasione dei bombardamenti aerei. Il rifugio viene in seguito parzialmente demolito, modificato e riutilizzato come vasca d'acqua al centro del cortile. La vasca era alimentata dal troppo pieno dell'acquedotto Mediceo, che arrivava all'Istituto di Mineralogia con una portata modesta ma continua nelle 24 ore. L'acqua, proveniente da sorgenti nelle formazioni silicee triassiche affioranti alle spalle del paese di Asciano, oggi interamente convogliata alle strutture ospedaliere di Pisa, ha durezza bassa (residuo fisso a 180°C intorno ai 40 mg/litro) e si prestava ottimamente, prima di rifornire la vasca un tempo ricca di pesci e ninfee, come liquido di circolazione di raffreddamento dei generatori di raggi X della Mineralogia. Nel 1944 una bomba fuori bersaglio distrugge l'ala affacciata su Via S. Maria dell'edificio sede degli Istituti di Mineralogia e Geologia. Nella immediata ricostruzione del dopoguerra fu modificata la struttura dell'edificio aggiungendo un piano che consentì di ottenere gli spazi per l'Istituto di Antropologia e Paleontologia umana e per le abitazioni dei Direttori degli Istituti: Stefano Bonatti al terzo piano e Livio Trevisan al secondo.

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Il Palazzo del Granduca dopo un bombardamento nel 1945

Nel dopoguerra la rinascita dell'Università di Pisa è rapida e vigorosa (25), la ricerca e la didattica si rinnovano e si sviluppano, le conoscenze, le strumentazioni, i metodi sperimentali sono nuovi e diversi rispetto al passato, e comincia la tappa finale del cammino che conduce al Dipartimento di Scienze della Terra. Questa nuova stagione delle Scienze della Terra a Pisa è sviluppata e guidata da uno straordinario gruppo di ricercatori-docenti, numericamente limitato ma di capacità e livello intellettuale quasi unici:

Stefano Bonatti, laureato in chimica, dal 1926 assistente di Mineralogia nell'Istituto di Giovanni D'Achiardi, in cattedra di Mineralogia a Messina dal 1 gennaio 1939; a seguito della malattia di Giovanni D'Achiardi, rientra a Pisa, alla fine del 1939, come professore di Petrografia per passare poi alla Mineralogia nel 1942. Stefano Bonatti è stato un maestro della cristallografia morfologica ed ottica, un grande specialista della petrografia al microscopio polarizzante, un cristallografo strutturale di valore. E' stato inoltre un antesignano della diffrattometria a raggi X applicata allo studio di corpi cristallini naturali e artificiali. Già negli anni '30 del secolo passato, in collaborazione con i colleghi fisici Tullio Derenzini e De Donatis, realizzava i primi diffrattogrammi utilizzando rudimentali generatori di raggi X fabbricati "in casa". Numerosi sono gli allievi di Stefano Bonatti, fra i quali da ricordare Glauco Gottardi (Fiume, 3.2.1928 - Modena 1.9.1988) (26), mineralista di fama internazionale nella seconda metà del secolo scorso.

 

 

Livio Trevisan, geologo e geografo fisico (ha insegnato queste due discipline e ad esse afferiscono il maggior numero dei suoi scritti), ma attivo anche in altri campi delle scienze naturali, con numerosi ed ugualmente importanti scritti di Biologia, Paleontologia, Glaciologia, divulgazione scientifica, ed autore di apprezzati testi didattici. Nel 1931 si laurea in Scienze naturali all'Università di Padova, dal 1933 al 1939 è assistente di Geologia all'Università di Palermo, nel 1939 è chiamato a Pisa come direttore incaricato dell'Istituto di Geologia e Paleontologia dove, dal 1940 copre la cattedra di Geologia. Figura di ricercatore d'avanguardia, di pensiero avvincente e innovatore, didatta affascinante, uomo di grande umanità, resterà nel pensiero e nel cuore di quanti lo hanno conosciuto e, per i meno fortunati che non l'hanno incontrato di persona, sarà sempre disponibile l'eredità culturale dei suoi scritti. Uomo di grande cultura, Trevisan è stato anche musicista a livello professionale (orchestrale di violino) e, per quanto daltonico, fotografo di altissima qualità nelle immagini a colori. Si potrebbero raccontare molti aneddoti sulle capacità grafiche di Trevisan, con la macchina fotografica o con qualunque dispositivo capace di tracciare segni. Indimenticabile era la sua capacità di disegnare a mano coppie di immagini stereoscopiche che ci insegnava a vedere a occhi nudi, senza ausilio di strumenti. In campo didattico, Trevisan ha contribuito alla stesura della II edizione dell' "L'Atlante dei tipi geografici" edito dall'IGM (1948), punto di riferimento della geografia e della geografia fisica per generazioni di studenti.; in campo geologico va ricordata la sua "Introduzione alle Geologia", in collaborazione col suo allievo Gaetano Giglia, adottata anche da altre Università italiane e ristampata più volte dal 1978 al 1982, come pure il notissimo " La Terra " (1958-1987), in collaborazione con il collega Ezio Tongiorgi e tutt'ora indispensabile corredo didattico per gli insegnanti dei licei italiani.

 

 


Guido Tavani, laureato in Scienze naturali, paleontologo, allievo di Stefanini, in cattedra di Paleontologia dal 1956.
Di salute cagionevole per infezioni contratte durante le spedizioni scientifiche in Africa, Guido Tavani ha completato le ricerche del suo maestro Stefanini, approfondite le ricerche su fossili mesozoici e quaternari della Toscana, ingrandito e organizzato il Museo di Paleontologia.

 

 

 

 

 

 Ezio Tongiorgi (Milano 12 marzo 1912 - Pisa 28 agosto 1987), la più complessa delle figure che operarono a Pisa, nel dopoguerra, nelle Scienze della Terra. Laureato in Scienze naturali, libero docente in Botanica, nell'immediato dopoguerra è direttore incaricato dell'Istituto di Botanica, poi di quello di Antropologia e Paleontologia umana e dell'Istituto di Geografia della Facoltà di Lettere, tiene per incarico gli insegnamenti di Botanica e Biologia generale in Facoltà di Scienze e di Geografia in Facoltà di Lettere. In seguito Tongiorgi si occuperà di altri settori propri delle Scienze della Terra quali la Geotermia , la Geocronologia, la Geochimica isotopica, la Geologia e Paleontologia del Quaternario, ma contemporaneamente anche di Museologia scientifica, di Beni culturali, di Scienze sussidiare dell'Archeologia, eccetera, eccetera. Dunque un personaggio onnisciente: ma sarebbe sbagliato pensare che questa estrema disparità di interessi lo qualifichi come un dilettante. In tutti i campi è stato ricercatore di qualità, in molti di grande eccellenza ma soprattutto in tutti i campi ha sviluppato idee innovative. Docente affascinante, trascinatore di giovani, non era invece facile, per sue caratteristiche caratteriali, collaborare con lui. Fra i suoi molti allievi ricordiamo con nostalgia Sergio Borsi, scomparso anni fa, e Giorgio Ferrara che ci ha invece lasciato da poco.

 

 

Giorgio Marinelli (Firenze, 28 ottobre 1922 - Pisa, 28 marzo 1993) giovane fiorentino, laureato in Scienze naturali. Terminata la guerra, appena rientrato da un campo di concentramento tedesco, alla fine del 1945 viene a Pisa come assistente. Dotato di una memoria prodigiosa, Giorgio Marinelli possedeva una profonda cultura umanistica, storico-filosofico-artistica, acquisita prevalentemente nei suoi anni scolastici giovanili ed in seguito continuamente coltivata. Nel campo scientifico le sue doti principali stavano nell'originalità ed innovatività di un pensiero che affondava le sue radici in una straordinaria intuizione che lo guidava velocemente e con sicurezza alla individuazione e soluzione di problemi complessi. A queste doti, per comprendere il valore e l'unicità di Giorgio Marinelli, si deve aggiungere una innata sensibilità naturalistica, affinata negli anni di studio e di applicazione, che gli consentiva, sul terreno ed al microscopio, una "visione" completa dei fenomeni geologici, senza che gli sfuggisse il minimo particolare. Giorgio Marinelli è stato grande petrografo del magmatico, vulcanologo di eccellenza, fondatore della geotermia moderna. Alla sua scuola sono cresciuti numerosi valenti ricercatori.

Nel 1946, intanto che la vita accademica rinasce, mentre si ricostruiscono gli edifici distrutti, si recuperano le strumentazioni ed il materiale bibliografico, ulteriormente danneggiati dall'alluvione dell'Arno del novembre 1944, rinnovatasi poi nel 1949, i 5 personaggi sopra citati, insieme ad Enzo Giannini, geologo, che presto vincerà la cattedra di geologia applicata a Siena, chiedono l'attivazione a Pisa del corso di laurea in Geologia, nuova offerta didattica che completa gli indirizzi delle Scienze naturali. A riconoscimento di quanto compiutamente i diversi indirizzi di ricerca dei proponenti coprono i molteplici aspetti delle Scienze della Terra, l'approvazione è immediata ed il corso di laurea è attivato già nell'anno accademico 1946-47, quasi come dichiarazione programmatica dell'impegno che i docenti promotori dedicheranno all'iniziativa. E difatti, entro dieci anni, la situazione è molto cambiata: gli edifici sono ricostruiti, il piano Marshall ha permesso di acquisire strumentazioni moderne e di valore (diffrattometro di polveri a raggi X), il corso di laurea in Geologia lavora a pieno regime (circa 150 matricole iscritte nell'anno accademico 1956-57), collaborazioni di ricerca sono istituite entro l'Università di Pisa e con altre sedi universitarie. Uno degli eventi più rilevanti è la nascita nel 1954, per iniziativa di Ezio Tongiorgi e con l'appoggio di Bonatti e Trevisan, del Laboratorio di Geologia nucleare, struttura di ricerca nella quale geologi, fisici, chimici, naturalisti lavorano fianco a fianco per mettere a punto metodologie innovative per acquisire dati richiesti in svariati campi delle Scienze della Terra. L'iniziativa pose Pisa all'avanguardia in questo settore disciplinare, qualificandola, per lungo tempo, leader indiscussa in Europa della geochimica isotopica Numerosi gli stranieri che hanno speso tempi di ricerca più o meno lunghi presso il Laboratorio, e numerosi anche i ricercatori, allievi di Ezio Tongiorgi e formatisi nel Laboratorio, che hanno portato la geochimica isotopica in altre sedi universitarie italiane e in Laboratori del CNR. In quegli stessi anni, sotto la guida di Ezio Tongiorgi e quindi nell'ambito culturale complessivo delle Scienze della Terra o per lo meno collegati con queste, crescevano l'Istituto di Antropologia e Paleontologia umana e le Scienze Sussidiarie dell'Archeologia che oggi si indicano preferibilmente come Archeometria. Mancano ormai pochi passi per giungere alla costituzione del Dipartimento di Scienze della Terra. Negli anni '50, con sede presso l'Istituto di Geologia e Paleontologia, viene istituito dal CNR il Centro di Studi per la Minerogenesi , la Petrogenesi e la Tettogenesi dell'Appennino, che prenderà in seguito il nome di Centro di Studi per la Geologia Strutturale e Dinamica dell'Appennino, per confluire infine nel 2002 nell'Istituto di Geoscienze e Georisorse.

Nel 1968 e, dieci anni dopo, nel 1978 muoiono Stefano Bonatti e Guido Tavani e vengono così a mancare due dei "padri fondatori" delle attuali Scienze della Terra a Pisa. A seguito di successivi aumenti degli organici nazionali di docenti universitari e di leggi e decreti di riforma cambia radicalmente la composizione qualitativa e quantitativa del personale che svolge attività didattica, di ricerca e di supporto nelle strutture universitarie. In parallelo alle strutture universitarie e per iniziativa del gruppo di docenti universitari impegnati nelle Scienze della Terra, nascono a Pisa due Istituti del CNR: l'Istituto internazionale per le Ricerche Geotermiche, fondato nel 1965, e l'Istituto di Geocronologia e Geochimica Isotopica, nel .

Finalmente, nel 1981, a seguito del DPR 382 del 11 luglio 1980, riunendo in una struttura unica gli Istituti di Mineralogia e Petrografia, di Geologia e Paleontologia ed il Laboratorio di Geologia nucleare, viene costituito il Dipartimento di Scienze della Terra, uno fra i primi dell'Università di Pisa. Nelle assemblee ove si discuteva di come configurare il nuovo Dipartimento, a conferma del clima di sostanziale collaborazione che era sempre esistito fra i ricercatori delle strutture interessate, fu immediatamente unanime la decisione di realizzare una struttura unica a coprire l'intero ambito disciplinare delle Scienze della Terra. Non fu trovato invece un accordo con l'Istituto di Antropolgia e Paleontologia umana, tradizionalmente legato agli Istituti che intendevano riunirsi nel Dipartimento di Scienze della Terra; per specificità di indirizzi di ricerca i docenti dell'Istituto di Antropologia e Paleontologia umana preferirono afferire in parte al Dipartimento di Scienze archeologiche ed in parte al Dipartimento di Biologia.

La storia del Dipartimento, dalla sua costituzione ad oggi, si legge in altre parti di questo sito. Vi sono però ancora alcuni avvenimenti che mi pare giusto ricordare in questa sede. Ezio Tongiorgi, Giorgio Marinelli, Livio Trevisan muoiono rispettivamente nel 1987, nel 1993, nel 1996; scompaiono con loro gli ultimi tre grandi protagonisti dello sviluppo delle Scienze della Terra, a Pisa, nel secondo dopoguerra.

Lo stesso DPR 382 del 1980 consente l'attivazione di Scuole di dottorato di ricerca. Il Dipartimento appena costituito si muove con grande rapidità e già nel 1983, presso il Dipartimento, è attiva una Scuola di Dottorato, fra le prime dell'Università di Pisa. Con la precisa intenzione che la formazione specialistica del ricercatore si debba realizzare in un ambiente culturalmente aperto, considerata la presenza a Pisa delle strutture di ricerca CNR, operanti in Scienze della Terra, capaci di garantire, in appoggio al Dipartimento, i più ampi supporti logistici ai dottorandi, per la Scuola di dottorato fu scelta la dizione ampia "Scienze della Terra" ed una organizzazione interna in diversi curricula.

Negli anni 1984 e 1985 le ricche collezioni paleontologiche e mineralogiche del Dipartimento vengono trasferite nel realizzando Museo di Storia Naturale e del Territorio, con sede nella Certosa di Calci, ultima delle iniziative di Ezio Tongiorgi. Si apre così una rinnovata fase di ricerca museale, sviluppata dai conservatori del Museo in stretta collaborazione con il Dipartimento.

La storia ora tracciata è, per necessità di cose, incompleta, riduttiva e rozzamente sbozzata; i pensieri sono espressi in modo incompleto perché non vi è tempo né spazio per completarli con le infinite precisazioni che occorrerebbero per trasmetterne con chiarezza i contenuti; difficile soprattutto parlare dei grandi Maestri conosciuti personalmente, ammirati, rispettati ed amati. Mi pare tuttavia che un messaggio sia chiaro: il nostro Dipartimento ha un passato glorioso di didattica, di ricerca, di impegno civile, un presente degno del suo passato, un futuro che auguriamo ricco di giovani entusiasti capaci di superare i loro maestri.

A cura di Marco Franzini e di Marco Tongiorgi.

 

1- Molte delle notizie storiche citate nel seguito sono in: Garbari F., Tongiorgi Tomasi L., Tosi A - ""Giardino" dei Semplici" , Edizioni Plus, Università di Pisa (2002). Nel seguito il riferimento a questo testo sarà citato come " "Giardino" ", seguito dal numero di pagina.
2 - "Giardino" , 7.
3 - "Giardino" , 11 e seguenti.
4 - Per le notizie su l'opera del Mattioli si veda: S. Ferri (a cura di) - "Pietro Andrea Mattioli - La Vita , Le Opere" . Quattroemme ed., Perugia, 1997.
5 - M. Franzini - "Le materie minerali nei "Discorsi". In: S. Ferri (a cura di) - "Pietro Andrea Mattioli - La Vita , Le Opere" . Quattroemme ed., Perugia, 1997..
6 - Le opere di Agricola sono liberamente leggibili in rete, in latino. Della prima edizione latina del 1556 del " De re metallica " esiste una traduzione in lingua inglese, effettuata nel 1912 da Herbert Clark Hoover e sua moglie Lou Henry Hoover. E' leggibile in rete ed è veramente ottima.
7 - Lettera di Luca Ghini a Pier Francesco Riccio, 4 luglio 1545. In: "Giardino" , 211
8 - "Giardino" , 16
9 - "Giardino" , 17
10 - "Giardino" , 213
11 - "Giardino" , 217
12 - R. Porter­­­ - " La geologia dalle origini alla fine del XVIII secolo ". In " Storia delle Scienze. Natura e vita - Dalle antichità all'Illuminismo ", Giulio Einaudi ed., 1992, 550-589.
13 - "Giardino" , si vedano le Tavole cronologiche a pag. 245
14 - "Giardino" , 26
15 - P. Corsi -" La Geologia ". In " Storia dell'Università di Pisa - 1737- 1861" , 2(3), Plus ed., 889-928.
16 - M. Tongiorgi ­­­ - " Paolo Savi, uno studioso pisano alle origini della moderna geologia ". In " Cascina: segni d'arte e di cultura in un centro della pianura pisana ", Italia Nostra ed., Litografia, Tipografia Varo, 2007, in stampa.
17 - "Atti della Prima Riunione degli Scienziati Italiani" , quarta edizione con aggiunte, Pisa, Nistri-Lischi ed., 1939" , stampa anagrafica realizzata da Industrie Grafiche Pacini, Pisa per conto di Nistri-Lischi ed., Pisa, 1989,
18 - "Atti della Prima Riunione degli Scienziati Italiani ", stampa anagrafica, 1989, pag. IV.
19 - L. Pilla - "Poche parole sul tremuoto che ha desolato i paesi della costa toscana" . In: 'Il terremoto delle Colline Pisane del 1846. Cinque testimonianze coeve' (con introduzionedi Deniso Ulivieri e commento di Marco Della Pina), Tagete ed., Pontedera (Pi), 2004.
20 - L. Pilla - " Notizie storiche della mia vita quotidiana a cominciare dal 1 mo Gennaro 1830 in poi" . A cura di Massimo Discenza, Vitmar ed., 1996.
21 - L. Pilla - "Istoria del tremuoto che ha devastato i paesi della costa toscana il 14 agosto 1846" . In: 'Il terremoto delle Colline Pisane del 1846. Cinque testimonianze coeve' (con introduzione di Deniso Ulivieri e commento di Marco Della Pina), Tagete ed., Pontedera (Pi), 2004.
22 - S. Bonatti - "Giovanni D'Achiardi", Atti Soc. Tosc. Sci. Nat., Mem., 80 (1946), IX-XX, (con elenco delle pubblicazioni).
23 - M. Tongiorgi - " Per i cento anni della Paleontografia Italica", Palaontographia Italica, Raccolta di monografie paleontologiche fondata da Mario Canavari nell'anno 1895, pubblicata a cura della Società Toscana di Scienze Naturali, 83 (1995), Pacini ed.., I-II
24 - http:// www.stsn.it/storia.html
25 - "L'Ateneo di Pisa nell'età della ricostruzione" . In: "Storia, ricordi, immagini" , Plus ed., Pisa University Press, 2006.
26 - http://biblio.adm.unipi.it:8081/archiviofoto/index.html
27 - Il quarantesimo volume delle Memorie della Società Geologica Italiana (1993) contiene scritti in onore di Livio Trevisan, il curriculum vitae e l'elenco delle pubblicazioni.
28 - Per un elenco delle pubblicazioni di Giorgio Marinelli vedere: Barberi F. - " Giorgio Marinelli" - Boll. Soc. Geol. It., 114 (1995), 311-318.